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lunedì, Settembre 16, 2024

A MONTEMILETTO -Ritornano i Briganti

L'evento  mira non solo a ricostruire storicamente le vicende, ma anche a favorire un clima di rinnovata concordia fra i cittadini di Montemiletto dopo 160 anni dagli avvenimenti.

A Montemiletto ritornano i Briganti. Domani sabato 25 settembre nella sala consigliare del Comune di Montemiletto (AV), un convegno per ricordare” i moti di Montemiletto del 1860/1861 “.

La ricostruzione e l’illustrazione delle diverse posizioni che generarono i fatti saranno affidati a due conferenzieri. Il Prof. Renato Quarino parlerà del movimento liberale ed il Prof. Gennaro De Crescenzo illustrerà lo Stato del Regno delle Due Sicilie prima e dopo l’Unita d’Italia. Sarò presente tra gli oratori in veste di presidente nazionale dei Comitati Due Sicilie. L’evento voluto e curato dall’avvocato Domenico Colletti, di origini montemilettese ma trapiantato in Abruzzo.

L’evento  mira non solo a ricostruire storicamente le vicende, ma anche a favorire un clima di rinnovata concordia fra i cittadini di Montemiletto dopo 160 anni dagli avvenimenti. I fatti che ricordano l’accaduto partono dal settembre 1860, circa un mese prima dello svolgimento dei plebisciti d’annessione. Le province campane erano interessate dagli eventi della campagna garibaldina nel Mezzogiorno continentale e dall’imminente ingresso di truppe regolari dell’esercito piemontese.

La gran parte delle popolazioni di Montemiletto, Torre Le Nocelle e Pietradefusi insorse in armi contro le forze filo-unitarie per ripristinare l’autorità di Francesco II. La popolazione si scagliò contro le famiglie liberali della zona che a Montemiletto, avevano rovesciato le istituzioni borboniche. La notte del 5 settembre, alcuni filo-unitari reduci dell’insurrezione di Ariano, tra i quali Carmine Tarantino, un capitano della Guardia nazionale e professore al Liceo reale, entrarono nel paese.

Ricevuto l’appoggio di Giuseppe Fierimonte, capo dei liberali e capitano della locale Guardia nazionale, il Tarantino e i suoi, inneggiando a Garibaldi, si diressero alla locale postazione del telegrafo. Gli stessi tagliarono i fili ed isolando la zona. Il gruppo, poi, pose agli arresti i militi della Guardia urbana che avevano opposto resistenza alla presa della cittadina. L’azione delle forze filo-unitarie comportò fermento ed agitazione nella popolazione legittimista.

All’alba del 6 settembre, il suono della “tofa“, una conchiglia marina usata come corno di richiamo, adunò i contadini delle campagne circostanti Montemiletto per prepararsi a reagire. A sera, le campane a stormo accompagnarono la sollevazione del paese, che fu guidata da Matteo Lanzilli di Montemiletto e Carmine Ardolino di Torre Le Nocelle. Armati di fucili e attrezzi rurali, i popolani penetrarono nel palazzo di Giuseppe Fieramonte, uccidendolo a colpi d’ascia e fucilate.

Perirono, poi, altri liberal tra cui Domenico Colletti e suo figlio, Angelo Leone fratello dell’arciprete, Raffaele La Porta, Pellegrino Meola e suo figlio. Inoltre alcuni membri della famiglia Pesa, ed altri liberali di Aiello e di Montaperto reduci dalla spedizione di Ariano. Giacinto de’ Sivo riferisce che i corpi dei liberali furono disposti sui tralicci del telegrafo che gli stessi avevano abbattuto il giorno precedente. Secondo alcune fonti, in tutto furono uccisi ventitrè liberali e vennero saccheggiate le abitazioni di molti possidenti.

Il giorno seguente i legittimisti si mossero verso Torre Le Nocelle e “a suon di tamburo e con bianche bandiere, al grido Viva Francesco II”. Percorsero le vie del paese, dando la caccia ai liberali: tre di essi, Pasquale Rotondi, Carmine Rotondi e Baldassare Rotondi, furono uccisi. La mattina del 7, soldati borbonici a cavallo partirono da Avellino per Montemiletto, ma furono richiamati dal generale Scotti e fatti rientrare.

Contemporaneamente, truppe garibaldine entrarono nel paese irpino, rimettendolo sotto le forze unitarie, reprimendo e arrestando i rivoltosi, con l’intenzione di “far aspre vendette” sulla popolazione, nelle parole dello storico de’ Sivo. Lo stesso giorno, Garibaldi entrò a Napoli. La sollevazione ebbe come conseguenza più di cinquecento incriminati, e quasi quattrocento arresti.

Di Fiore Marro

A Montemiletto ritornano i Briganti. Domani sabato 25 settembre nella sala consigliare del Comune di Montemiletto (AV), un convegno per ricordare” i moti di Montemiletto del 1860/1861 “.

La ricostruzione e l’illustrazione delle diverse posizioni che generarono i fatti saranno affidati a due conferenzieri. Il Prof. Renato Quarino parlerà del movimento liberale ed il Prof. Gennaro De Crescenzo illustrerà lo Stato del Regno delle Due Sicilie prima e dopo l’Unita d’Italia. Sarò presente tra gli oratori in veste di presidente nazionale dei Comitati Due Sicilie. L’evento voluto e curato dall’avvocato Domenico Colletti, di origini montemilettese ma trapiantato in Abruzzo.

L’evento  mira non solo a ricostruire storicamente le vicende, ma anche a favorire un clima di rinnovata concordia fra i cittadini di Montemiletto dopo 160 anni dagli avvenimenti. I fatti che ricordano l’accaduto partono dal settembre 1860, circa un mese prima dello svolgimento dei plebisciti d’annessione. Le province campane erano interessate dagli eventi della campagna garibaldina nel Mezzogiorno continentale e dall’imminente ingresso di truppe regolari dell’esercito piemontese.

La gran parte delle popolazioni di Montemiletto, Torre Le Nocelle e Pietradefusi insorse in armi contro le forze filo-unitarie per ripristinare l’autorità di Francesco II. La popolazione si scagliò contro le famiglie liberali della zona che a Montemiletto, avevano rovesciato le istituzioni borboniche. La notte del 5 settembre, alcuni filo-unitari reduci dell’insurrezione di Ariano, tra i quali Carmine Tarantino, un capitano della Guardia nazionale e professore al Liceo reale, entrarono nel paese.

Ricevuto l’appoggio di Giuseppe Fierimonte, capo dei liberali e capitano della locale Guardia nazionale, il Tarantino e i suoi, inneggiando a Garibaldi, si diressero alla locale postazione del telegrafo. Gli stessi tagliarono i fili ed isolando la zona. Il gruppo, poi, pose agli arresti i militi della Guardia urbana che avevano opposto resistenza alla presa della cittadina. L’azione delle forze filo-unitarie comportò fermento ed agitazione nella popolazione legittimista.

All’alba del 6 settembre, il suono della “tofa“, una conchiglia marina usata come corno di richiamo, adunò i contadini delle campagne circostanti Montemiletto per prepararsi a reagire. A sera, le campane a stormo accompagnarono la sollevazione del paese, che fu guidata da Matteo Lanzilli di Montemiletto e Carmine Ardolino di Torre Le Nocelle. Armati di fucili e attrezzi rurali, i popolani penetrarono nel palazzo di Giuseppe Fieramonte, uccidendolo a colpi d’ascia e fucilate.

Perirono, poi, altri liberal tra cui Domenico Colletti e suo figlio, Angelo Leone fratello dell’arciprete, Raffaele La Porta, Pellegrino Meola e suo figlio. Inoltre alcuni membri della famiglia Pesa, ed altri liberali di Aiello e di Montaperto reduci dalla spedizione di Ariano. Giacinto de’ Sivo riferisce che i corpi dei liberali furono disposti sui tralicci del telegrafo che gli stessi avevano abbattuto il giorno precedente. Secondo alcune fonti, in tutto furono uccisi ventitrè liberali e vennero saccheggiate le abitazioni di molti possidenti.

Il giorno seguente i legittimisti si mossero verso Torre Le Nocelle e “a suon di tamburo e con bianche bandiere, al grido Viva Francesco II”. Percorsero le vie del paese, dando la caccia ai liberali: tre di essi, Pasquale Rotondi, Carmine Rotondi e Baldassare Rotondi, furono uccisi. La mattina del 7, soldati borbonici a cavallo partirono da Avellino per Montemiletto, ma furono richiamati dal generale Scotti e fatti rientrare.

Contemporaneamente, truppe garibaldine entrarono nel paese irpino, rimettendolo sotto le forze unitarie, reprimendo e arrestando i rivoltosi, con l’intenzione di “far aspre vendette” sulla popolazione, nelle parole dello storico de’ Sivo. Lo stesso giorno, Garibaldi entrò a Napoli. La sollevazione ebbe come conseguenza più di cinquecento incriminati, e quasi quattrocento arresti.

Di Fiore Marro

© Riproduzione riservata

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