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giovedì, Novembre 7, 2024

D.I.A.: Relazione semestrale 2020

I Carabinieri di Locri hanno segnalato all’autorità giudiziaria centotrentacinque percettori irregolari di buoni spesa Covid19. Alcuni di essi parenti o affini a clan del luogo e circa la metà di essi residenti a San Luca

D.I.A. (Direzione investigativa antimafia), ha proposto al Parlamento la Relazione semestrale 2020 e presenta una serie di osservazioni interessanti. Un passaggio importante riguarda il Reddito di cittadinanza. La misura a sostegno della povertà, desta perplessità e motivo di approfondimento perché è finita nelle grinfie delle mafie. La spregiudicata avidità della ‘ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica.

La crisi grava anche sulla Calabria, l’organizzazione criminale non disdegna di sfruttare anche il sostegno dello Stato, anche se dispone di risorse finanziarie illecitamente accumulate. I clan calabresi delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco, hanno tra i loro affiliati e collaboratori, percettori di reddito di cittadinanza. I Carabinieri di Locri hanno segnalato all’autorità giudiziaria anche centotrentacinque percettori irregolari di buoni spesa Covid19.

Alcuni di essi sono parenti o affini di esponenti dei clan, circa la metà risiedono a San Luca. Le Mafie quindi diventano sempre meno violente ma infiltrate fra politica e economia. In questo caso sfruttando il Covid19, in Calabria come altrove. La Relazione della D.I.A. continua, con l’esistenza di una quantità di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero con i narcotrafficanti.

Le mafie inoltre favoriscono l’immigrazione clandestina e la criminalità internazionale; la cosa rappresenta una minaccia reale che deve essere contrastata. La D.I.A. partecipa a collaborazioni estere sul tema della “criminalità etnica“, che rappresenta una componente consolidata nel panorama criminale nazionale. Dalla mafia albanese a quella africa, nel dossier, si analizzano le varie consorterie straniere che operano in Italia.

La criminalità albanese, è presente su gran parte del territorio nazionale ed opera in diversi livelli di criminalità. Alcuni agiscono in seno a piccoli gruppi anche multietnici per la commissione di reati contro il patrimonio. Di norma gli albanesi si occupano di droga che viene poi ceduta ai sodalizi italiani per la gestione dello spaccio. I gruppi cinesi “appaiono organizzati con una struttura chiusa e inaccessibile”.

Solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni cinesi e criminali italiani. Alcuni di essi fanno parte di piccoli sodalizi multietnici per la gestione della prostituzione, reati finanziari e il traffico di rifiuti. I Clan nigeriani sono attivi in Italia dagli anni ’80 con i “secret cults”. Le caratteristiche dei clan nigeriani sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione e i codici di comportamento.

La Corte di Cassazione si è più volte espressa riconoscendo la tipica connotazione di “mafiosità” dei clan nigeriani, è scritto nella relazione. Infine la criminalità romena che si manifesta sia in forma non organizzata che attraverso gruppi strutturati. I rumeni sono presenti in settori operativi consolidati delle consorterie per la tratta di donne da avviare alla prostituzione, i reati informatici.

Tale criminalità risulterebbe inoltre attiva nel settore dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento della manodopera in alcuni casi d’intesa con criminali italiani. I clan indipendenti del Nord Italia, lontani dalla Calabria, ma nei quali la ‘ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli installandovi ‘locali’ . Le strutture di coordinamento della ‘ndrangheta, rileva la Relazione, risultano perfettamente radicate e ben inserite nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale .

I contesti extraregionali sono quelli dove i numeri dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi. Questo in sostanza quella parte della Relazione semestrale al Parlamento 2020 della D.I.A. Alcuni passaggi destano motivi di grave preoccupazione per noi italiani. Ai criminali italiani che hanno un già un ben noto primato nel mondo, si aggiungono i criminali stranieri.

Questo dovrebbe aprire un serio dibattitto sull’accoglienza e il grado di permeabilità dell’Italia e delle sue leggi sempre a favore di chi delinque. Siamo sempre pronta ad accogliere tutto e tutti, alimentando arricchimenti leciti e illeciti, regalandoci nuove forme di delinquenza. Dobbiamo escludere da questo ragionamento i migranti onesti, quelli davvero in fuga dagli orrori.

Lo stesso discorso vale per strutture che agiscono da assistenza, ma la condanna deve essere unanime verso chi delinque. IL caso del Reddito di cittadinanza ai mafiosi e i ristori rubati, deve essere condannato o “attenzionato” come è scritto nella Relazione semestrale al Parlamento della D.I.A.

di Luigi Eucalipto

D.I.A. (Direzione investigativa antimafia), ha proposto al Parlamento la Relazione semestrale 2020 e presenta una serie di osservazioni interessanti. Un passaggio importante riguarda il Reddito di cittadinanza. La misura a sostegno della povertà, desta perplessità e motivo di approfondimento perché è finita nelle grinfie delle mafie. La spregiudicata avidità della ‘ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica.

La crisi grava anche sulla Calabria, l’organizzazione criminale non disdegna di sfruttare anche il sostegno dello Stato, anche se dispone di risorse finanziarie illecitamente accumulate. I clan calabresi delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco, hanno tra i loro affiliati e collaboratori, percettori di reddito di cittadinanza. I Carabinieri di Locri hanno segnalato all’autorità giudiziaria anche centotrentacinque percettori irregolari di buoni spesa Covid19.

Alcuni di essi sono parenti o affini di esponenti dei clan, circa la metà risiedono a San Luca. Le Mafie quindi diventano sempre meno violente ma infiltrate fra politica e economia. In questo caso sfruttando il Covid19, in Calabria come altrove. La Relazione della D.I.A. continua, con l’esistenza di una quantità di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero con i narcotrafficanti.

Le mafie inoltre favoriscono l’immigrazione clandestina e la criminalità internazionale; la cosa rappresenta una minaccia reale che deve essere contrastata. La D.I.A. partecipa a collaborazioni estere sul tema della “criminalità etnica“, che rappresenta una componente consolidata nel panorama criminale nazionale. Dalla mafia albanese a quella africa, nel dossier, si analizzano le varie consorterie straniere che operano in Italia.

La criminalità albanese, è presente su gran parte del territorio nazionale ed opera in diversi livelli di criminalità. Alcuni agiscono in seno a piccoli gruppi anche multietnici per la commissione di reati contro il patrimonio. Di norma gli albanesi si occupano di droga che viene poi ceduta ai sodalizi italiani per la gestione dello spaccio. I gruppi cinesi “appaiono organizzati con una struttura chiusa e inaccessibile”.

Solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni cinesi e criminali italiani. Alcuni di essi fanno parte di piccoli sodalizi multietnici per la gestione della prostituzione, reati finanziari e il traffico di rifiuti. I Clan nigeriani sono attivi in Italia dagli anni ’80 con i “secret cults”. Le caratteristiche dei clan nigeriani sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione e i codici di comportamento.

La Corte di Cassazione si è più volte espressa riconoscendo la tipica connotazione di “mafiosità” dei clan nigeriani, è scritto nella relazione. Infine la criminalità romena che si manifesta sia in forma non organizzata che attraverso gruppi strutturati. I rumeni sono presenti in settori operativi consolidati delle consorterie per la tratta di donne da avviare alla prostituzione, i reati informatici.

Tale criminalità risulterebbe inoltre attiva nel settore dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento della manodopera in alcuni casi d’intesa con criminali italiani. I clan indipendenti del Nord Italia, lontani dalla Calabria, ma nei quali la ‘ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli installandovi ‘locali’ . Le strutture di coordinamento della ‘ndrangheta, rileva la Relazione, risultano perfettamente radicate e ben inserite nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale .

I contesti extraregionali sono quelli dove i numeri dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi. Questo in sostanza quella parte della Relazione semestrale al Parlamento 2020 della D.I.A. Alcuni passaggi destano motivi di grave preoccupazione per noi italiani. Ai criminali italiani che hanno un già un ben noto primato nel mondo, si aggiungono i criminali stranieri.

Questo dovrebbe aprire un serio dibattitto sull’accoglienza e il grado di permeabilità dell’Italia e delle sue leggi sempre a favore di chi delinque. Siamo sempre pronta ad accogliere tutto e tutti, alimentando arricchimenti leciti e illeciti, regalandoci nuove forme di delinquenza. Dobbiamo escludere da questo ragionamento i migranti onesti, quelli davvero in fuga dagli orrori.

Lo stesso discorso vale per strutture che agiscono da assistenza, ma la condanna deve essere unanime verso chi delinque. IL caso del Reddito di cittadinanza ai mafiosi e i ristori rubati, deve essere condannato o “attenzionato” come è scritto nella Relazione semestrale al Parlamento della D.I.A.

di Luigi Eucalipto

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