Un Napoli quadrato che non si rispecchia come un Narciso ma che tira fuori gli attributi quando necessitano e che usa il fioretto quando deve infiocchettare l’avversario.
MARCATORI: 10′ st Politano (N, su rig.), 24′ st Giroud (M), 33′ st Simeone (N)
Potremo esordire con una blasfemia, tirando in ballo San Gennaro, che avrebbe anticipato il miracolo un giorno prima. Oggi, 19 settembre, è l’onomastico del Santo patrono di Napoli, auguri a tutti i Gennaro e derivati, ma preferiamo usare termini meno sacrileghi. Dirottiamo lo sguardo sul Vesuvio, che sotto le mentite spoglie di un argentino, ha eruttato in tutto il suo fragore, inghiottendo il diavolo rossonero.
La partita di Milano era l’ulteriore banco di prova che doveva accertare la definiva consacrazione della compagine partenopea, scoprire fin dove poteva spingersi la squadra di Spalletti. Il tecnico napoletano aveva già dato modo di dare bella mostra di se. Rimanevano dubbi in merito visto che la gara contro la Lazio, vinta con forza e prepotenza dai napoletani.
Quella gara dopotutto non è stata la prova regina, per demerito dei romani naturalmente, che nel tempo hanno poi rivelato la loro natura bislacca, di banda instabile. Nemmeno la partita contro il Liverpool pareva fosse quella giusta, visto lo stato di forma scadente dei Red Devils albionici. Il Napoli aveva passeggiato esageratamente sulla testa degli inglesi. Talmente bene che il risultato è parso ai più, specie quelli che non hanno mai amato i colori azzurri, come una prova da rivedere.
A Milano, non ci sono state ragioni, gli avversari erano in palla, forti, vogliosi di dimostrare di essere meritatamente i campioni d’Italia. Il Napoli ha comunque vinto, anche qui, senza rubare nulla, con metodo, con una dimostrazione magnifica, con la consapevolezza di essere forti. Il Napoli ha vinto con la capacità di sapere aspettare il momento, dando di se l’idea di una squadra adulta, che ha affrontato un avversario forte.
Se il Milan fosse stato un pugile, ai punti avrebbe meritato qualcosa di più della sconfitta. Proprio per questo la vittoria di San Siro ha un sapore doppio. Sono queste le partite che cambiano la storia di un torneo, il corso degli eventi, sono questi i giorni che contano alla fine.
Una formazione quadrata il Napoli, che non si rispecchia come un Narciso ma che tira fuori gli attributi quando necessitano e che usa il fioretto quando deve infiocchettare l’avversario. Una squadra che sa scegliere i momenti, come le squadre forti e consapevoli di se stesse usano fare. Gli azzurri, a nostro parere, dispongono del centrocampo migliore del campionato in corso. Una base completa, dove Stanislav Lobotka sembra una sorta di Von Karajan, coadiuvato da due splendidi compagni di reparto, che tagliano e cuciono come il migliore Versace che l’alta sartoria ricordi.
In questa squadra sono tutti protagonisti, ognuno con il suo spartito ideale, ognuno mettendo qualcosa di suo, che va oltre magari le loro stesse capacità personali. Un piacere vederli all’opera, guardarli esaltarsi per una grande parata. Anche ieri Alex Meret è stato impeccabile, per non dire del reparto difensivo, da 10 e lode. Mario Rui su tutti, si proprio lui, che oltre a svolgere una fase difensiva munifica, è stato colui che ha mandato in gol, il Cholito, Giovanni il Vesuvio.
Per il georgiano non ci sono più parole, Kvaratskhelia manda in tilt il reparto difensivo rossonero, facendo ammonire tutti quelli che tentano di fermarlo. Si procura il secondo rigore di seguito, dopo quello di Glasgow. Forse talvolta di intestardisce con qualche tocco o dribbling di troppo, ma è la gioventù testosteronica che lo spinge a certi eccessi.
Lasciamolo fare, che si diverta pure, anche a scapito della nostre coronarie. Sarebbe un delitto per la gioia di chi ama il calcio, inquadrare questo fenomeno in cose ordinarie. Termina il primo step di questa stagione, certo le gare da disputare sono ancora tantissime, quindi sarebbe dannoso e inutile gridare già alla vittoria finale, però…
di Fiore Marro