Pat Metheny è letteralmente un alieno, un musicista che ha studiato su questo pianeta, ma che prende le sue idee in un altro mondo, estraneo completamente al nostro. Side-Eye NYC (V1.IV) è un’opera che ti porta nel luogo in cui lui crea. Ovviamente nessuna novità e potrebbe essere per qualcuno la solita solfa. Magari fosse così per ogni artista di punta che pubblica una album live nuovo. L’evoluzione e le sfumature della sua musica sono infinite e diverse. L’ascolto marginale non è consigliato, ma anche se accadesse non rimarreste delusi.
Il disco.
Avvalersi della collaborazione di musicisti scelti newyorkesi è stata la regola: infatti alla batteria si alternano Eric Harland, Joe Dyson, Nate Smith, Anwar Marshall e Marcus Gilmore e alle tastiere c’è il giovane James Francies. Non a caso il titolo tradotto significa più o meno “un’occhiata di sbieco a New York City”, riferito quasi sicuramente al “via vai” dei giovani musicisti che gli ruotano attorno in questo disco. Pat invece si alterna tra chitarra e basso, innescando le sue influenze più disparate, tra fusion e rock. Prodotto dallo stesso Metheny insieme all’inseparabile Steve Rodby, il live è stato registrato il 12 e il 13 settembre 2019 alla Sony Hall di New York. Il disco presenta nuovi brani e rivisitazioni di alcune delle composizioni di Metheny.
Stile e particolari.
Tutto molto fruibile al primo ascolto, ricorda la caratura di live come Travels del 1982 e The Road to You del 1993 del Pat Metheny Group, sebbene questo sia un disco solista del genio del Missouri. La fattura e la qualità della registrazione sono di altissimo livello: ogni suono è ben definito e al contempo legato all’altro. La chitarra di Pat, per quanto emerga, non sovrasta mai gli altri strumenti ed ognuno riesce a tenere il proprio spazio. I tecnicismi non risultano mai sterili e non è facile sintetizzare l’emotività che traspare da certi brani. L’apertura (“It Starts When We Disapper”) è di una melodia disarmante associata a stupendi ritmi brasiliani bossa nova. La composizione, piena ovviamente di improvvisazioni, è anche, nonostante la lunghezza di circa 14 minuti, il singolo dell’album. Un buon punto di partenza per godere al massimo dell’opera: buon ascolto! francesco moccia – https://www.annotizie.it/musica-le-note-che-ribollono-sulla-lava-del-vesuvio/
Pat Metheny è letteralmente un alieno, un musicista che ha studiato su questo pianeta, ma che prende le sue idee in un altro mondo, estraneo completamente al nostro. Side-Eye NYC (V1.IV) è un’opera che ti porta nel luogo in cui lui crea. Ovviamente nessuna novità e potrebbe essere per qualcuno la solita solfa. Magari fosse così per ogni artista di punta che pubblica una album live nuovo. L’evoluzione e le sfumature della sua musica sono infinite e diverse. L’ascolto marginale non è consigliato, ma anche se accadesse non rimarreste delusi.
Il disco.
Avvalersi della collaborazione di musicisti scelti newyorkesi è stata la regola: infatti alla batteria si alternano Eric Harland, Joe Dyson, Nate Smith, Anwar Marshall e Marcus Gilmore e alle tastiere c’è il giovane James Francies. Non a caso il titolo tradotto significa più o meno “un’occhiata di sbieco a New York City”, riferito quasi sicuramente al “via vai” dei giovani musicisti che gli ruotano attorno in questo disco. Pat invece si alterna tra chitarra e basso, innescando le sue influenze più disparate, tra fusion e rock. Prodotto dallo stesso Metheny insieme all’inseparabile Steve Rodby, il live è stato registrato il 12 e il 13 settembre 2019 alla Sony Hall di New York. Il disco presenta nuovi brani e rivisitazioni di alcune delle composizioni di Metheny.
Stile e particolari.
Tutto molto fruibile al primo ascolto, ricorda la caratura di live come Travels del 1982 e The Road to You del 1993 del Pat Metheny Group, sebbene questo sia un disco solista del genio del Missouri. La fattura e la qualità della registrazione sono di altissimo livello: ogni suono è ben definito e al contempo legato all’altro. La chitarra di Pat, per quanto emerga, non sovrasta mai gli altri strumenti ed ognuno riesce a tenere il proprio spazio. I tecnicismi non risultano mai sterili e non è facile sintetizzare l’emotività che traspare da certi brani. L’apertura (“It Starts When We Disapper”) è di una melodia disarmante associata a stupendi ritmi brasiliani bossa nova. La composizione, piena ovviamente di improvvisazioni, è anche, nonostante la lunghezza di circa 14 minuti, il singolo dell’album. Un buon punto di partenza per godere al massimo dell’opera: buon ascolto! francesco moccia – https://www.annotizie.it/musica-le-note-che-ribollono-sulla-lava-del-vesuvio/
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