Le strisce blu nelle città hanno sollevato spesso la protesta dei cittadini. Le casse degli enti sono vuote, così gli amministratori si inventano forme nuove di contributi che ricadono quasi sempre su chi già paga. Parliamo allora di queste “Strisce”, non quelle pedonali, spesso di colore trasparente, ma le blu (tante), le bianche (quasi nessuna).
Parcheggiare in città è davvero un’impresa. Le strade sono sature di auto e una delle soluzioni è stata la creazione di aree a pagamento. Sono stati rispettati criteri di legittimità? Gli automobilisti spesso parcheggiano l’auto nella città dove lavorano e il costo della sosta pesa e non poco. Tanti comuni nel creare aree di parcheggio a pagamento, attraverso piani urbani specifici, dovevano garantire aree di sosta gratis.
E’ un criterio razionale che adegua le esigenze di bilancio dell’amministrazione al diritto al parcheggio di ogni automobilista. Se il Comune decide di istituire aree a pagamento, deve in alternativa, creare parcheggi gratis, senza custodia e dispositivi di controllo di durata della sosta. In quattro casi l’ente può evitare l’obbligo previsto dall’Art. 7, comma 8 del codice della strada. Precisamente: Aree pedonali; Zone a traffico limitato; Zone storiche, artistiche e di particolare pregio ambientale; Zone di particolare rilevanza urbanistica.
In sintesi, il Comune può predisporre strisce blu a pagamento ma deve provvedere a predisporre anche aree di parcheggio gratis. La Cassazione ha stabilito una serie di principi fondamentali sull’argomento. La Corte stessa ha ribadito l’illegittimità di tutte le ordinanze sindacali ad eccezione dei quattro casi specifici menzionati prima.
Gli enti devono evitare di creare parcheggi a pagamento senza che nelle vicinanze non siano riservati spazi gratis. Purtroppo la Cassazione non ha mai chiarito cosa si intende per “adeguati spazi”, in pratica la percentuale tra aree gratis e aree a pagamento. Sarebbe giusto in questo caso appellarsi al buon senso cercando di eliminare questa ingiustizia.
di Emilia Bianco