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lunedì, Dicembre 4, 2023

CARDARELLI: Nell’inferno del Pronto soccorso.

Ospedale Cardarelli di Napoli, Pronto soccorso. Sono stato ricoverato per una frattura ed ho vissuto l’inferno che spesso avevo solo letto.

Domenica 31 luglio – Ore 6,00​

Mi sveglio dopo una notte passata tra lamenti, pianti, sguardi di paura. C’è dolore e rassegnazione il questo locale ad “L”, dove sono ammassati tra i cento e i centocinquanta pazienti qui di pronto soccorso. Vado in​ bagno, inutile descriverne le condizioni. In quel posto, con il braccio sinistro fratturato e ingessato, devo spogliarmi e lavarmi, servendomi di un lavandino.

Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli, sono stato ricoverato sabato sera: frattura multipla scomposta, con lussazione al polso sinistro. Tradotto, la mia mano è fuori asse e c’è una curva delle ossa prima di arrivare al polso. È cominciato il mio calvario in attesa dell’intervento che dovrebbe essere d’urgenza ma non sembra questa l’intenzione.

Il Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli è un “Lazzaretto“, un luogo di sofferenza dove più di cento barelle, a distanza di trenta centimetri l’una dall’altro sono in attesa del reparto per un ricovero o un intervento. Tutto il perimetro è occupato da pazienti su entrambi i lati. Ai piedi, parallelamente, altri ricoverati.

Su, ai reparti il limite di ricoverati, per il rispetto delle norme “anticovid”, è di venti unità. Qui invece si può convivere in duecento tra pazienti, sanitari ed altri si rischia il contagio in ogni istante. Si attende una notizia, chi può vaga in giro nella speranza di una chiamata. La barella il luogo dove si dorme, ci si siede, si fa colazione, si pranza, si cena, si somministrano terapie.

Una vergogna assoluta, si mangia in mezzo a cateteri, pannoloni, sangue, scene disgustose. “Se questo è un uomo“, il grande libro di Primo Levi, riecheggia in ogni istante in questo luogo. Ho letto qualche tempo fa l’articolo di Fanpage e prima di quello il precedente, poi quello successivo. La scena è sempre la stessa, barelle ammassate l’una sull’altra e questa volta vivo la scena di guerra, da protagonista.

Da ieri sera dicevo,​ sono qui anch’io per vivere quest’angoscia. La parte finale del mio braccio sinistro è ​ una “Chicane”, il polso dalla radiografia è un puzzle. In queste condizioni riuscire a dormire è un’impresa impossibile, il dolore atroce. Nella testa il lento e incessante lamento dei poveri cristi, sofferenti e intimoriti ti stringe il cuore.

Gli anziani in particolare, chiamano i figli, gli infermieri, i dottori, noi stessi per essere aiutati. Gli ultimi che possono alleviare le loro sofferenze purtroppo, siamo proprio noi, abbiamo tutti un dolore fisico da condividere. In questa bolgia infernale l’umanità, la dignità, l’amor proprio, sono calpestate da logiche disumane.

Il governatore De Luca disse qualche tempo fa: “La sanità in Campania funziona“, non è così. Di sicuro non funziona come dovrebbe e il caso del Pronto soccorso del Cardarelli ne è la prova. E’ passata tutta la domenica e qui è sempre peggio. Fuori nell’ingresso si odono urla e spintoni, mancavano solo le risse all’appello.

Comincerà tra poco la seconda notte tra lamenti, dolore e disperazione. Intanto ho cenato, con un braccio debilitato di nuovo a letto, come nei migliori alberghi. Domani un altro giorno, qui sarà lo stesso inferno e il mio braccio è sempre lì che penzola e aspetta.

Intanto, spazientito ho protestato per conoscere il mio destino con i responsabili dal reparto. Nessuna risposta e le piccole bugie, insieme alle mezze verità aumentano. Al risveglio rifaccio colazione a letto e trovo la forza di ritornare alla carica con altri sanitari, è cambiato il turno, non gli atteggiamenti.

Protesto di nuovo, come la sera prima, chiedo di parlare con un ortopedico ma è impegnato al reparto. Dopo un po’ mi viene proposto il trasferimento al Secondo Policlinico, accetto, non posso fare altro, il tempo scorre e la mano peggiora. Intanto sono trasferito.

Arrivo al reparto di ortopedia della Federico II, è cambiato tutto, recupero serenità, un letto vero e soprattutto la dignità, di nuovo i controlli, martedì l’intervento, Complesso, delicato, ma sono in buone mani. Mercoledì sono stato dimesso, sono a casa. Il dolore non è un problema, passerà ma non riesco a dimenticare le scene vissute al Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli, non le dimenticherò mai.

Qualcuno mi ha detto il reparto è stato chiuso ma non basta. Bisogna capire perché tutto ciò, in particolare oggi, un’epoca in cui la politica parla di PNRR, accade. Lo chiedo a tutti: “Non abbassate la guardia, vedrete, passata una settimana ritornerà tutto come prima”. Parliamone ancora del Pronto soccorso dell’ Ospedale Cardarelli, parliamone sempre.

Facciamolo per difendere la dignità di​ un ammalato, uomo o donna che sia, italiano o straniero che sia. Il vangelo come le idee, non si predicano si praticano e in giro ci sono tanti,troppi falsi predicatori. Devo necessariamente ringraziare un amico che mi ha assistito e guidato in questa disavventura, gli chiedevo consigli, mi dava conforto, grazie Nicola, grazie di cuore.​

di gianni bianco​

Ospedale Cardarelli di Napoli, Pronto soccorso. Sono stato ricoverato per una frattura ed ho vissuto l’inferno che spesso avevo solo letto.

Domenica 31 luglio – Ore 6,00​

Mi sveglio dopo una notte passata tra lamenti, pianti, sguardi di paura. C’è dolore e rassegnazione il questo locale ad “L”, dove sono ammassati tra i cento e i centocinquanta pazienti qui di pronto soccorso. Vado in​ bagno, inutile descriverne le condizioni. In quel posto, con il braccio sinistro fratturato e ingessato, devo spogliarmi e lavarmi, servendomi di un lavandino.

Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli, sono stato ricoverato sabato sera: frattura multipla scomposta, con lussazione al polso sinistro. Tradotto, la mia mano è fuori asse e c’è una curva delle ossa prima di arrivare al polso. È cominciato il mio calvario in attesa dell’intervento che dovrebbe essere d’urgenza ma non sembra questa l’intenzione.

Il Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli è un “Lazzaretto“, un luogo di sofferenza dove più di cento barelle, a distanza di trenta centimetri l’una dall’altro sono in attesa del reparto per un ricovero o un intervento. Tutto il perimetro è occupato da pazienti su entrambi i lati. Ai piedi, parallelamente, altri ricoverati.

Su, ai reparti il limite di ricoverati, per il rispetto delle norme “anticovid”, è di venti unità. Qui invece si può convivere in duecento tra pazienti, sanitari ed altri si rischia il contagio in ogni istante. Si attende una notizia, chi può vaga in giro nella speranza di una chiamata. La barella il luogo dove si dorme, ci si siede, si fa colazione, si pranza, si cena, si somministrano terapie.

Una vergogna assoluta, si mangia in mezzo a cateteri, pannoloni, sangue, scene disgustose. “Se questo è un uomo“, il grande libro di Primo Levi, riecheggia in ogni istante in questo luogo. Ho letto qualche tempo fa l’articolo di Fanpage e prima di quello il precedente, poi quello successivo. La scena è sempre la stessa, barelle ammassate l’una sull’altra e questa volta vivo la scena di guerra, da protagonista.

Da ieri sera dicevo,​ sono qui anch’io per vivere quest’angoscia. La parte finale del mio braccio sinistro è ​ una “Chicane”, il polso dalla radiografia è un puzzle. In queste condizioni riuscire a dormire è un’impresa impossibile, il dolore atroce. Nella testa il lento e incessante lamento dei poveri cristi, sofferenti e intimoriti ti stringe il cuore.

Gli anziani in particolare, chiamano i figli, gli infermieri, i dottori, noi stessi per essere aiutati. Gli ultimi che possono alleviare le loro sofferenze purtroppo, siamo proprio noi, abbiamo tutti un dolore fisico da condividere. In questa bolgia infernale l’umanità, la dignità, l’amor proprio, sono calpestate da logiche disumane.

Il governatore De Luca disse qualche tempo fa: “La sanità in Campania funziona“, non è così. Di sicuro non funziona come dovrebbe e il caso del Pronto soccorso del Cardarelli ne è la prova. E’ passata tutta la domenica e qui è sempre peggio. Fuori nell’ingresso si odono urla e spintoni, mancavano solo le risse all’appello.

Comincerà tra poco la seconda notte tra lamenti, dolore e disperazione. Intanto ho cenato, con un braccio debilitato di nuovo a letto, come nei migliori alberghi. Domani un altro giorno, qui sarà lo stesso inferno e il mio braccio è sempre lì che penzola e aspetta.

Intanto, spazientito ho protestato per conoscere il mio destino con i responsabili dal reparto. Nessuna risposta e le piccole bugie, insieme alle mezze verità aumentano. Al risveglio rifaccio colazione a letto e trovo la forza di ritornare alla carica con altri sanitari, è cambiato il turno, non gli atteggiamenti.

Protesto di nuovo, come la sera prima, chiedo di parlare con un ortopedico ma è impegnato al reparto. Dopo un po’ mi viene proposto il trasferimento al Secondo Policlinico, accetto, non posso fare altro, il tempo scorre e la mano peggiora. Intanto sono trasferito.

Arrivo al reparto di ortopedia della Federico II, è cambiato tutto, recupero serenità, un letto vero e soprattutto la dignità, di nuovo i controlli, martedì l’intervento, Complesso, delicato, ma sono in buone mani. Mercoledì sono stato dimesso, sono a casa. Il dolore non è un problema, passerà ma non riesco a dimenticare le scene vissute al Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli, non le dimenticherò mai.

Qualcuno mi ha detto il reparto è stato chiuso ma non basta. Bisogna capire perché tutto ciò, in particolare oggi, un’epoca in cui la politica parla di PNRR, accade. Lo chiedo a tutti: “Non abbassate la guardia, vedrete, passata una settimana ritornerà tutto come prima”. Parliamone ancora del Pronto soccorso dell’ Ospedale Cardarelli, parliamone sempre.

Facciamolo per difendere la dignità di​ un ammalato, uomo o donna che sia, italiano o straniero che sia. Il vangelo come le idee, non si predicano si praticano e in giro ci sono tanti,troppi falsi predicatori. Devo necessariamente ringraziare un amico che mi ha assistito e guidato in questa disavventura, gli chiedevo consigli, mi dava conforto, grazie Nicola, grazie di cuore.​

di gianni bianco​

© Riproduzione riservata

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