Il film consigliato questa settimana è “QUI RIDO IO”, Regia: Mario Martone. Un capolavoro di arte e immagini.
Cast: Toni Servillo: Eduardo Scarpetta
Maria Nazionale: Rosa De Filippo
Cristiana Dell’Anna: Luisa De Filippo
Eduardo Scarpetta: Vincenzo Scarpetta.
A ogni sequenza del film il rammarico, come spettatore, è quello di non essere protagonista o comparsa della storia, non cinematografica ma quella vera. Un tuffo nel passato di una Napoli in cui erano presenti ancora i fasti di una grande capitale.
Eduardo Scarpetta, in tutti i suoi ruoli, da attore che vive per il teatro a padre che gioisce nel crescere e mantenere i suoi figli. Figli numerosi e illegittimi, che si passano il testimone nel ruolo di Peppiniello, personaggio simbolico di “Miseria e nobiltà”.
Tra una sfogliatella e una scappatella, Scarpetta crea il moderno teatro napoletano e una famiglia allargata. Un magnifico intreccio di energie e talento che cresce sul palcoscenico e incrementa nel talamo. .
In gioventù ha sposato Rosa De Filippo, di cui riconosce il figlio illegittimo, Domenico, e con cui concepisce Vincenzo e Maria. In segreto ha avuto una relazione con Anna, sorellastra di Rosa, da cui ha già avuto due figli.
Ma è Luisa, nipote di Rosa, l’amore di cui ha più appetito e da cui nascono Titina, Eduardo e Peppino. Mattatore che non conosce limiti e creanza, scrive “Il figlio di Iorio” per burlarsi del D’Annunzio (“La figlia di Iorio“) ma il poeta non apprezza e lo querela.
Sulla scena del tribunale dovrà vedersela con giudici e detrattori. Mai presentazione fu più vera. “Qui rido io”, rende omaggio a quella tradizione del teatro napoletano che fondò il suo successo grazie ai suoi grandi interpreti proprio come Eduardo Scarpetta.
L’attore, in quel teatro oramai scomparso, ha il sopravvento sul testo e trasforma un canovaccio, in farsa, in un’esperienza di vita vissuta. Il pubblico, avvertendola come una parodia bonaria e ironicamente complice della propria esistenza, inconsciamente si riconosce.
Da essa può prendere le distanze facilmente con una risata liberatoria, la cui eco interminabile, a significare l’immortalità di quell’arte. Emblematicamente riprodotta nella sequenza finale da Servillo.
Il Pulcinella dei Petito, simbolo della fame atavica e della miseria senza speranza di un popolo straccione. A metà ottocento è ancora plebe, è sostituito dal Felice Sciosciammocca degli Scarpetta, un Pulcinella imborghesito che, finalmente, in Miseria e nobiltà.
Felice si può abboffare di spaghetti saltando sulla tavola. Agli inizi del novecento e con la belle epoque, non è più privilegio di pochi ma sembra sia stata imbandita per tutta l’umanità.
Dopo la catastrofe delle due guerre mondiali nascerà l’ultima grande maschera del teatro napoletano, quella tragica, che Eduardo De Filippo si cucirà sul suo stesso volto, in Napoli milionaria, a rappresentare la disillusione dell’uomo moderno schiacciato dalla Storia.
Il film di Martone trasmette sensazioni uniche, coinvolgono lo spettatore sin dall’inizio, accompagnandolo per le strade, i vicoli e il vernacolo partenopeo. Sommergendolo totalmente nell’atmosfera del palcoscenico, visto da dietro le quinte, scorgendo gli attori che si preparano ad entrare in scena, sorpresi nel loro quotidiano.
Li vedi mentre chiacchierano in attesa di dire anche solo qualche battute ela magnificenza della pellicola tiene. Fino alla fine anche grazie a un cast formato da attori partenopei di “grana spessa” come Maria Nazionale, Iaia forte, Gianfelice Imparato, Nello Mascia.
Ancora Gigio Morra, Tommaso Bianco, Benedetto Casillo, e delle nuove leve, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Roberto De Francesco, Lino Musella ed Eduardo Scarpetta. Martone rende omaggio a tutto ciò con una particina a Giovanni Mauriello, voce storica e fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Voci, suoni, colori e volti di un grande coro che, con Sergio Bruni e Roberto Murolo a fare da colonna sonora. Le note compongono un affresco sonoro che è un inno alla magnifica arte partenopea, in vigore da fine ottocento fino agli ottanta con la dipartita terrena di Eduardo De Filippo.
“Qui rido io” è un capolavoro assoluto, dove Mario Martone si consacra definitivamente.
di Fiore Marro