Europa League, la partita termina 2 a 3 per lo Spartak Mosca, nel secondo incontro, marcatori: 1′ Elmas (N), 54′, 90′ Promes (S), 80′ Ignatov (S), 90’+4 Osimhen (N).
Tanto tuonò che piovve. È arrivata, per la gioia dei tanti anti- DeLa, per i detrattori di Spalletti, finora nascosti nel buio dell’astio, la tanto e agognata prima sconfitta dei partenopei. Per fortuna è quella meno indolore, che non compromette chissà cosa, ma rimane una battuta d’arresto, comunque una sconfitta e fa sempre male.
Oramai è pacifico e acclarato che il turnover non funziona. Sostengo da sempre che ci deve essere una formazione base, poi il contorno. Addirittura, qualcuno, in questi mesi, mi ha tacciato di supponenza quando affermavo che il Napoli aveva dei buoni rincalzi ma non titolarissimi. C’era chi delirava l’ipotesi che gli azzurri disponessero di due squadre competitive in “rosa“.
Ieri abbiamo accertato che non è proprio così. Manolas, Malcuit, Mario Rui sono calciatori mediocri e lo dimostrano a più riprese. A mio sommesso avviso lo scopo di questa competizione deve essere dare minutaggio a chi deve recuperare e far giocare chi rischia di farlo poco. Anzi, siccome l’obiettivo minimo è la qualificazione in Champions, quanto prima il Napoli esce da questo torneo meglio è.
Inutile provare a giocare su più tavoli. Il rischio che ci possano essere infortuni inopportuni. Soprattutto le sconfitte come quella subita contro i russi, possono incidere psicologicamente e mentalmente. Sulla flebile personalità di questo gruppo, che ha dimostrato nel recente passato poco carattere, non ci sono dubbi. I cambiamenti umorali del Napoli hanno portato a due scatafasci, il primo l’ammutinamento, il secondo: Napoli –Verona.
Sono delle cicatrici aperte e ancora oggi lancinanti nell’anima del popolo azzurro. Meglio uscire da questa inutile corrida della Europa League. Il Napoli punta alla qualificazione “Champions“, sperando nell’appoggio divino di un dio borbonico, che possa portarci magari anche di più della qualificazione. Naturalmente per arrivare al traguardo “Champions” ci vuole tutto l’impegno necessario e tutta la concentrazione possibile.
Un torneo logorante come l’Europa League, con partite e trasferta dure, non è di certo l’ideale per una squadra che non deve sperperare di energie necessarie per l’obiettivo finale del campionato. L’esuberanza dei calciatori azzurri, i falli effettuati, ha fatto si che la squadra in otto partite ha giocato due volte in dieci. Le espulsioni hanno costretto la squadra a giocare con un uomo in meno e siccome non siamo di fronte a dei supereroi, abbiamo pagato caro e amaro.
In particolare in Europa, dove gli avversari corrono il doppio. Basti pensare che anche il Milan contro un rabberciato e inguardabile Atlético Madrid, dopo l’espulsione di Franck Kessié, ha pagato il dazio della sconfitta interna in Champions. Qualcosa va riordinato dal punto di vista disciplinare, per quel che concerne, l’atteggiamento in campo di alcuni calciatori azzurri. Inutile protestare una decisione arbitrale.
E’ da ingenui reagire a un fallo subito da un avversario, in maniera scomposta come fece Osimhen con il Venezia. Inutile entrare in maniera scriteriata contro un contendente, sulla trequarti interna, come accaduto con Mario Rui ieri. Bisogna affrontare con maturità una gara se si vuole vincere. Di buono c’è che comunque non si è per ora compromesso nulla di irreparabile. Testa a Firenze, nella speranza di non rimanere di nuovo in albergo, come accadde nel 2018, sarebbe drammatico e insopportabile.
Di Fiore Marro