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sabato, Luglio 27, 2024

GENITORI E SCUOLA: Un rapporto sempre più complesso.

Genitori e scuola, un problema da affrontare da parte della politica e degli addetti ai lavori per trovare una soluzione ad un rapporto difficile.

Andrea Cioccia, giornalista, pubblicò qualche anno fa alcune sue riflessioni riguardo al rapporto “Genitori-Scuola“. Il titolo dell’articolo: “Portate via i genitori dalle scuole, subito“. A dire il vero storsi il naso, a distanza di anni, soprattutto da lavoratore della scuola, convengo e che un fondo di verità oggi c’è.

Coccia: “Negli ultimi trent’anni gli effetti del cosiddetto ‘parent involvement’ sulla scuola e sulla vita dei propri figli sono stati catastrofici. Le convinzioni che abbiamo nutrito per anni l’unica soluzione è che lascino il campo agli insegnanti e al loro lavoro. Negli ultimi quarant’anni la scuola italiana è cambiata radicalmente, esattamente come il paese che gli stava attorno”.

“Eppure, malgrado la spinta sessantottina avesse indicato una strada che avrebbe dovuto portare alla libertà e all’ autodeterminazione degli studenti. Il suo percorso evolutivo è stato praticamente inverso a quello che ci si poteva aspettare: invece di portare la fantasia e la libertà all’interno delle rigide istituzioni scolastiche ci ha portato i genitori con effetti catastrofici”.

Malgrado quel che pensiamo essere buon senso ci porta a pensare che il coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica dei propri figli sia un bene assoluto, capace di migliorare significativamente i risultati scolastici degli studenti armonizzando una specie di schizofrenia educativa —’casa vs famiglia’ la presenza sempre più invasiva e costante dei genitori nella vita scolastica ha effetti opposti.

Nell’aprile del 2014, i sociologi americani Keith Robinson e Angel L. Harris pubblicarono sul New York Times gli esiti di una loro ricerca durata qualche anno che riguardava proprio gli effetti del coinvolgimento dei genitori “parental involvement”, in inglese, sulla vita scolastica e non dei propri figli. La maggior parte delle forme di coinvolgimento dei genitori, scrivono i due: ‘come osservare i corsi dei figli, contattare la scuola per sapere come si comportano, aiutarli a decidere”.

Il loro percorso scolastico o dargli una mano a fare i compiti a casa, non migliorano i loro risultati. Anzi, in qualche caso addirittura li ostacolano». Insomma, la presenza costante dei genitori nella vita degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado non solo non è d’aiuto, bensì ha effetti negativi sulla cresita e sui risultati dei ragazzi. Lo scenario, anche quello italiano, si è aggravato ancora di più.

Agli interventi legislativi dello Stato in favore di una sempre più stretta collaborazione scuola-famiglia, si sono sommati gli effetti della digitalizzazione tecnologica. Come in tutti gli altri campi del nostro vivere, anche a scuola è entrata a piedi uniti, combinando un sacco di guai. Dalle infernali chat di Whatsapp dei genitori, temute e stigmatizzate come fossero l’incarnazione del demonio da ogni insegnante sano di mente e da ogni genitore sano di mente fino alle comunicazioni in diretta su voti e assenze.

Le nuove tecnologie hanno permesso di porre sui ragazzi una cappa di controllo non soltanto insensata e totalmente inedita, ma anche contraria alle migliori intuizioni che la pedagogia del Novecento aveva partorito, prima tra tutte l’aver compreso ma mai applicato fino in fondo che l’obiettivo primario dio ogni percorso educativo è l’educazione alla libertà l’autodeterminazione. Un obiettivo difficile da perseguire quando ogni minuto e ogni secondo della tua vita a scuola senti il fiato sul collo di mamma e papà.

Nel novembre del 2014, lo psicologo americano John Rosemond: ‘Perché i giovani di oggi si emancipano dalla famiglia molto più tardi di quanto facessero nel 1970, quando l’età media dell’emancipazione maschile era 21 anni? Perché moltissimi insegnanti si lamentano del fatto che i genitori dei loro alunni li accusano degli scarsi risultati dei loro figli? Perché la stabilità psicologica dei bambini di oggi è molto più flebile di quella degli anni Sessanta?

Perché la fobia della scuola, l’ansia da risultati e quella da separazione sono diventati negli ultimi anni un problema, quando fino a 50 anni fa non esistevano neppure? Perché i genitori di oggi hanno un atteggiamento protettivo quando i professori gli dicono che i loro figli si sono comportati male? La risposta sta in due parole ‘parent involvement’. Il problema va affrontato subito, anche perché la qualità media dei genitori, ovvero degli adulti italiani sta crollando.

Come dimostra l’insensata e demenziale (se non fosse anche pericolosissima) tendenza di alcuni a osteggiare la vaccinazione, forti della loro ignoranza da cammelli. Ma la soluzione qual è? Robinson e Harris hanno una proposta interessante e molto semplice: «They should set the stage and then leave it». Preparare il campo e defilarsi, lasciando finalmente ai ragazzi l’onere e l’onore di scegliere, di sbagliare e di schiantarsi contro i muri, che poi non sono altro tutte le declinazioni del verbo ‘crescere'”.

Poco da aggiungere, cacciare i genitori è una provocazione ma cambiare le regole e la finalità del rapporto ‘Genitori-Scuola’, oggi rappresenta una priorità.

di gianni bianco

Genitori e scuola, un problema da affrontare da parte della politica e degli addetti ai lavori per trovare una soluzione ad un rapporto difficile.

Andrea Cioccia, giornalista, pubblicò qualche anno fa alcune sue riflessioni riguardo al rapporto “Genitori-Scuola“. Il titolo dell’articolo: “Portate via i genitori dalle scuole, subito“. A dire il vero storsi il naso, a distanza di anni, soprattutto da lavoratore della scuola, convengo e che un fondo di verità oggi c’è.

Coccia: “Negli ultimi trent’anni gli effetti del cosiddetto ‘parent involvement’ sulla scuola e sulla vita dei propri figli sono stati catastrofici. Le convinzioni che abbiamo nutrito per anni l’unica soluzione è che lascino il campo agli insegnanti e al loro lavoro. Negli ultimi quarant’anni la scuola italiana è cambiata radicalmente, esattamente come il paese che gli stava attorno”.

“Eppure, malgrado la spinta sessantottina avesse indicato una strada che avrebbe dovuto portare alla libertà e all’ autodeterminazione degli studenti. Il suo percorso evolutivo è stato praticamente inverso a quello che ci si poteva aspettare: invece di portare la fantasia e la libertà all’interno delle rigide istituzioni scolastiche ci ha portato i genitori con effetti catastrofici”.

Malgrado quel che pensiamo essere buon senso ci porta a pensare che il coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica dei propri figli sia un bene assoluto, capace di migliorare significativamente i risultati scolastici degli studenti armonizzando una specie di schizofrenia educativa —’casa vs famiglia’ la presenza sempre più invasiva e costante dei genitori nella vita scolastica ha effetti opposti.

Nell’aprile del 2014, i sociologi americani Keith Robinson e Angel L. Harris pubblicarono sul New York Times gli esiti di una loro ricerca durata qualche anno che riguardava proprio gli effetti del coinvolgimento dei genitori “parental involvement”, in inglese, sulla vita scolastica e non dei propri figli. La maggior parte delle forme di coinvolgimento dei genitori, scrivono i due: ‘come osservare i corsi dei figli, contattare la scuola per sapere come si comportano, aiutarli a decidere”.

Il loro percorso scolastico o dargli una mano a fare i compiti a casa, non migliorano i loro risultati. Anzi, in qualche caso addirittura li ostacolano». Insomma, la presenza costante dei genitori nella vita degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado non solo non è d’aiuto, bensì ha effetti negativi sulla cresita e sui risultati dei ragazzi. Lo scenario, anche quello italiano, si è aggravato ancora di più.

Agli interventi legislativi dello Stato in favore di una sempre più stretta collaborazione scuola-famiglia, si sono sommati gli effetti della digitalizzazione tecnologica. Come in tutti gli altri campi del nostro vivere, anche a scuola è entrata a piedi uniti, combinando un sacco di guai. Dalle infernali chat di Whatsapp dei genitori, temute e stigmatizzate come fossero l’incarnazione del demonio da ogni insegnante sano di mente e da ogni genitore sano di mente fino alle comunicazioni in diretta su voti e assenze.

Le nuove tecnologie hanno permesso di porre sui ragazzi una cappa di controllo non soltanto insensata e totalmente inedita, ma anche contraria alle migliori intuizioni che la pedagogia del Novecento aveva partorito, prima tra tutte l’aver compreso ma mai applicato fino in fondo che l’obiettivo primario dio ogni percorso educativo è l’educazione alla libertà l’autodeterminazione. Un obiettivo difficile da perseguire quando ogni minuto e ogni secondo della tua vita a scuola senti il fiato sul collo di mamma e papà.

Nel novembre del 2014, lo psicologo americano John Rosemond: ‘Perché i giovani di oggi si emancipano dalla famiglia molto più tardi di quanto facessero nel 1970, quando l’età media dell’emancipazione maschile era 21 anni? Perché moltissimi insegnanti si lamentano del fatto che i genitori dei loro alunni li accusano degli scarsi risultati dei loro figli? Perché la stabilità psicologica dei bambini di oggi è molto più flebile di quella degli anni Sessanta?

Perché la fobia della scuola, l’ansia da risultati e quella da separazione sono diventati negli ultimi anni un problema, quando fino a 50 anni fa non esistevano neppure? Perché i genitori di oggi hanno un atteggiamento protettivo quando i professori gli dicono che i loro figli si sono comportati male? La risposta sta in due parole ‘parent involvement’. Il problema va affrontato subito, anche perché la qualità media dei genitori, ovvero degli adulti italiani sta crollando.

Come dimostra l’insensata e demenziale (se non fosse anche pericolosissima) tendenza di alcuni a osteggiare la vaccinazione, forti della loro ignoranza da cammelli. Ma la soluzione qual è? Robinson e Harris hanno una proposta interessante e molto semplice: «They should set the stage and then leave it». Preparare il campo e defilarsi, lasciando finalmente ai ragazzi l’onere e l’onore di scegliere, di sbagliare e di schiantarsi contro i muri, che poi non sono altro tutte le declinazioni del verbo ‘crescere'”.

Poco da aggiungere, cacciare i genitori è una provocazione ma cambiare le regole e la finalità del rapporto ‘Genitori-Scuola’, oggi rappresenta una priorità.

di gianni bianco

© Riproduzione riservata

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